NOME IN CODICE ROSA, “per chi non crede”

Un’affascinante storia di coraggio, di ideali e di radiantismo che hanno contributo in maniera determinante alla liberazione del territorio Versiliese durante il secondo conflitto mondiale.

All’inizio del mese di settembre del 1943, sulle montagne della Versilia molti giovani, tra di loro anche alcuni soldati sbandati, si rifugiarono per organizzarsi e combattere i Nazifascisti che erano tornati a portare morte e distruzione sul territorio.

L’atmosfera di grande rischio ed incertezza richiedeva la soluzione di alcuni problemi logistici, primo fra tutti quello dell’armamento di questi coraggiosi. Si rendeva quindi necessario stabilire un contatto con gli alleati. La mente instancabile di Manfredo Bertini detto “Maber” (nella foto a sinistra) attivo nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), nonchè talentuoso tecnico della fotografia molto conosciuto anche per la collaborazione alla regia della prima pellicola di Mario Monicelli aveva già in mente un piano, ossia quello di inviare un emissario per informare gli alleati di quanto si stesse organizzando sul territorio Versiliese e contestualmente richiedere l’invio degli aiuti necessari per poter combattere i Nazifascisti. “Maber” finanziò l’Operazione Gedeone, così fu chiamata l’operazione, vendendo qualche anello, una catenina ed un fermaglio d’oro.

Su incarico del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), Vera Vassalle (nella foto a sinistra), una donna che non aveva ancora compiuto ventiquattro anni e che in tenera età una poliomenite le aveva causato una menomazione permanente alla gamba destra, fu inviata presso un comando alleato a Montella Irpinia da dove, di lì a breve, sarebbe salita al comando della missione “Radio Rosa”. Vera, nata a Viareggio il 21 gennaio 1920, diplomata all’istituto magistrale, per le sopraggiunte difficoltà economiche in famiglia, fu costretta a lasciare gli studi universitari e a trovare impiego in banca, dove si trovava anche nel 1941 quando suo padre, Eugenio Vassalle, morì nell’affondamento di una nave da guerra al largo della Sicilia.

Di fede antifascista, prese parte attiva alla resistenza nel gruppo di cui faceva parte il cognato Manfredo Bertini. Il 14 settembre 1943 parte alla volta di Montella Irpinia servendosi di qualche raro treno, di una bicicletta e percorrendo lunghi tratti a piedi. Impiega due settimane per raggiungere il comando alleato attraversando pericolosamente le linee nemiche e riuscendo finalmente, il 28 settembre, a stabilire un contatto con ufficiali dell’esercito Americano. Dopo un breve addestramento presso l’Office of Strategic Service (OSS) dell’esercito Americano di Napoli, viene trasferita a Capri, Pozzuoli, Taranto, Palermo ed infine, a bordo di un aereo alleato a Bastia in Corsica da dove riuscirà a tornare in Toscana, a Castiglione della Pescaglia, a bordo di una motosilurante dell’esercito Inglese in qualità di Agente del 2677° Reggimento dell’OSS. Dorme in un cascinale e la mattina successiva con un treno arriva fino a Cecina dove è costretta a scendere e a scappare nei campi in quanto la linea ferroviaria era interrotta. Il 19 gennaio raggiunge a piedi Viareggio portando con sé una radio-valigia, spacciata per un bagaglio a mano, riuscendo a sfuggire a diverse perquisizioni.

La ricetrasmittente, la radiospia modello A MKIII prodotta dalla compagnia Marconi nel Regno Unito nel 1944 (nella foto a destra), era destinata alle operazioni clandestine sul territorio occupato da parte degli agenti, delle forze speciali e delle unità della Resistenza. Questa radio, molto piccola per l’epoca, poteva essere facilmente collocata all’interno di una valigia di cartone per bambini in modo da eludere controlli e le perquisizioni. Poteva funzionare sia con l’alimentazione di rete (110-130V o 200-250V, 40-60Hz) o tramite un’unità opzionale, con una sorgente esterna 6V DC come la batteria di un auto. Sempre all’interno della valigia venivano posizionati la cuffia e il tasto telegrafico completando la dotazione. L’apparato radio era in grado di trasmettere su tutte le frequenze comprese tra 3 e 9 Mhz divise in gamme con una potenza di uscita di 5 Watt.

La missione “Radio Rosa” consisteva nel rendere operativo un contatto radio clandestino per coordinare le azioni alleate con quelle partigiane ma purtroppo, per negligenza di un radiotelegrafista che aveva perduto i piani di trasmissione, non fu possibile implementare il piano subito dopo l’arrivo di “Rosa” con la radiospia. Vera si vide costretta a ripartire alla volta di Milano dove, tramite un agente dell’ OSS, riuscì ad ottenere nuovi piani di trasmissione e la promessa dell’invio di un radiotelegrafista fidato.

Fu così che alla fine di marzo del 1944, Mario Robello detto “Santa” (nella foto a sinistra) ex Radiotelegrafista della Marina Militare, venne paracadutato sull’Alpe delle Tre Potenze sull’Appennino Tosco-Emiliano nella missione “Balilla” e fu quindi possibile dare inzio alla missione.

“Radio Rosa” inizia a operare a servizio della libertà.

L’attività clandestina e frenetica di Radio Rosa, dapprima situata in località Focette a Marina di Pietrasanta per poi spostarsi in un’osteria della Famiglia Frugoli nelle campagne di Capezzano Pianore in località Cateratte (nella foto in basso a sinistra)  e per muoversi definitivamente nell’abitazione di Vincenzo Bonuccelli presso il Convento dei Frati di Camaiore (nella foto in basso a destra) , riuscì a trasmettere trecento messaggi e, oltre a fornire notizie sugli spostamenti dell’esercito tedesco alle truppe Anglo-Americane, riuscì ad ottenere sessantacinque lanci di armi e munizioni da parte degli alleati ai partigiani Versiliesi e Toscani.

Il 18 febbraio 1944, alle quattro del mattino, preceduto dal messaggio“Per chi non crede” (frase in codice coniata da Manfredo Bertini – la frase voleva essere un monito per chi nell’antifascismo ancora titubava nel passare alla lotta armata), trasmesso dalla B.B.C., in località Foce di Mosceta (quota 1170m), avvenne il primo lancio effettuato da un Halifax Inglese. Vennero sganciati diciassette bidoni contenenti 50 “Sten” automatici, varie munizioni, materiale da sabotaggio, vestiario, viveri e generi di conforto. Nonostante tutte le precauzioni prese però l’iniziativa non passò inosservata ai fascisti che presero coscienza che anche in Versilia si cominciava ad operare seriamente e che occorreva stroncare ad ogni costo e con ogni mezzo il movimento di Resistenza armata.

Il 2 luglio 1944, su delazione di tre donne amiche di ufficiali Tedeschi, Radio Rosa dovette cessare le trasmissioni a seguito dell’irruzione dei soldati. Così La Vassalle ricorda l’accaduto:

Il comando tedesco inviò nella zona tutti i radiogoniometri, riuscendo ad individuare l’apparecchio radio nella stessa casa in cui era il “Santa” e a conoscere le ore di trasmissione. In quella mattina, alle ore 11 circa, mentre “Santa” era intento alla trasmissione, due vetture, da diversa direzione, si avvicinarono alla casa e ne scesero una decina di SS comandate da un maggiore, che circondarono la casa. “Santa” ebbe subito la percezione del pericolo e, dopo aver lanciato cinque bombe a mano con le quali colpì il maggiore e altri quattro tedeschi, si lanciò armato di mitra per le scale riuscendo ad uscire incolume dal portone e a raggiungere i campi. Di tale scena sono stata testimone oculare, trovandomi alla finestra di una casa vicina. I tedeschi credendo che Ciro Del Vecchio, un pensionato che per caso si trovava nei pressi del portone, fosse un altro nostro agente, lo uccisero con una raffica di mitra. Operarono pure numerosi arresti tra cui quelli di una mia cugina, che ospitava “Santa” con la radio, a nome Emilia Bonuccelli, che fu sottoposta a lunghi interrogatori e, poi, con gli altri condotta a Bologna, dove fu in un secondo tempo rilasciata. Io, intanto, ero riuscita a fuggire, portando con me tutta la documentazione, inerente al servizio. Riparai a Monsagrati, dove il giorno successivo ebbi notizia della salvezza di “Santa”. Ma, ricercata dai tedeschi, fui costretta ancora una volta a fuggire e a trovare rifugio presso la formazione “Marcello Garosi”, dove fui raggiunta da “Santa”.

Per la sua preziosa attività la Vassalle fu decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:

Ventiquattrenne, di eccezionali doti di mente, d’animo e di carattere, all’atto dell’armistizio, incurante di ogni pericolo, attraversava le linee tedesche e si presentava ad un comando alleato per essere impiegata contro il nemico. Seguito un breve corso d’istruzione presso un ufficio informazioni alleato, volontariamente si faceva sbarcare da un Mas italiano, in territorio occupato dai tedeschi. Con altro compagno R.T. portava con sé una radio e carte topografiche, organizzava e faceva funzionare un servizio dì collegamento fra tutti i gruppi di patrioti dislocati nell’ Appennino toscano, trasmettendo più di 300 messaggi, dando con precisione importanti informazioni di carattere militare. La sua intelligenza e coraggiosa attività rendeva possibile sessantacinque lanci da aerei a patrioti. Sorpresa dalle SS. tedesche mentre trasmetteva messaggi radio riusciva a fuggire portando con sé codici e documenti segreti e riprendeva la coraggiosa azione clandestina. Pochi giorni prima dell’arrivo degli alleati passava nuovamente le linee tedesche portando preziose notizie sul nemico e sui campi minati. Animata da elevati sentimenti, dimostrava in ogni circostanza spiccato sprezzo del pericolo. Degna rappresentante delle nobili virtù delle donne italiane.

Italia occupata, settembre 1943 – luglio 1944”.

Anche Mario Robello detto Santa fu insignito della Medaglia d’Argento al valore militare. Nel dopoguerra Vera e Mario si sposarono e si trasferirono in Liguria a Lavagna dove Vera morì a causa di un male incurabile nel novembre del 1985.

La storia di Vera Vassalle è poi diventato un Diploma che ha riscontrato grandissimo successo che ha portato alla distribuzione di quasi 100 diplomi in numerosi paesi del mondo e alla pubblicazione sul libro Cinquant’anni di radio scritto da Manfredi Vinassa de Regny.

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